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Dai bambini ai fuorisede: ecco le agevolazioni per l’istruzione

Nella dichiarazione dei redditi si possono detrarre le spese per la scuola (dal nido alle superiori), per i trasporti e per gli affitti degli universitari. Per informazioni e consulenze, i Caaf della Cgil sono sempre a disposizione dei contribuenti.

Tra le possibili detrazioni di cui si può usufruire per la dichiarazione dei redditi relativa all’anno d’imposta 2018, ve ne sono alcune molto importanti e che interessano le famiglie con figli: le spese per l’istruzione. Partiamo da quelle per l’istruzione non universitaria, ossia per la frequenza di scuole materne, elementari, medie e superiori, che siano statali, paritarie, private o degli enti locali. Queste spese sono detraibili nella misura del 19 per cento, calcolata su un importo massimo di 786 euro per alunno o studente.

Ma quali spese sono ammesse? Anzitutto le tasse (a titolo di iscrizione e di frequenza) e i contributi obbligatori. Ma sono ammessi anche i contributi volontari e le erogazioni liberali deliberati dagli istituti scolastici. Di seguito alcuni tipi di spesa che possono essere portati in detrazione: la mensa scolastica e i servizi integrativi quali l’assistenza al pasto e il pre e il post scuola, le gite scolastiche, l’assicurazione della scuola e tutti i contributi finalizzati all’ampliamento dell’offerta formativa (ad esempio corsi di lingua o teatro, svolti anche al di fuori dell’orario scolastico e senza obbligo di frequenza).

Attenzione: tra le spese ammesse alla detrazione rientrano anche quelle sostenute dal 1° gennaio 2018 per il servizio di trasporto scolastico o per il cosiddetto “scuolabus”. La detrazione è riconosciuta anche se il servizio è fornito dal Comune (o da altri soggetti terzi) e anche se non è stato deliberato dagli organi d’istituto. A proposito di spese per il trasporto, ricordiamo che a partire dal 1° gennaio 2018 è possibile detrarre le spese sostenute per l’acquisto degli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale. Questo tipo di spesa, però, deve essere indicata nel 730 con un altro codice (40) diverso da quello relativo alle spese di istruzione (codice 12).

L’ultima utile annotazione riguarda la documentazione da presentare e conservare. Per le spese per la mensa scolastica o per il servizio di trasporto occorrono la ricevuta del bollettino postale o del bonifico bancario intestata al soggetto destinatario (come la scuola o il Comune). Se si è pagato in contanti o con altre modalità (ad esempio il bancomat), la spesa potrà essere documentata mediante ricevuta rilasciata dal soggetto fornitore del servizio.

Passiamo adesso ai più piccoli, per i quali è prevista un’agevolazione: è infatti possibile detrarre, sempre nella misura del 19 per cento, le spese sostenute per la frequenza di asilo nido (e anche delle cosiddette “sezioni primavera”) sia pubblico sia privato. Attenzione: l’età del bambino non ha alcuna importanza, l’unica cosa che conta per usufruire della detrazione è che il minore frequenti l’asilo nido. L’importo massimo della spesa ammessa in detrazione è pari a 632 euro per ciascun figlio.

E concludiamo con gli universitari fuori sedePer loro è prevista la specifica detrazione, sempre pari al 19 per cento, per il canone di locazione sostenuto(compresi i canoni relativi ai contratti di ospitalità o agli atti di assegnazione in godimento o locazione stipulati con enti per il diritto allo studio, università, collegi universitari e altro). L’importo massimo per la spesa ammessa è di 2.633 euro. Condizione indispensabile per poter detrarre la spesa è che lo studente sia iscritto a un corso di laurea, che l’università frequentata sia ubicata in un comune diverso da quello di residenza e in un’altra provincia, distante da quest’ultimo almeno 100 chilometri. Inoltre l’abitazione locata deve essere situata nel comune in cui ha sede l’università o in comuni limitrofi. Per gli studenti residenti in zone montane o disagiate, limitatamente alle spese sostenute nel 2017 e nel 2018, il requisito della distanza è ridotto a 50 chilometri, all’interno della stessa provincia.

Un’importante precisazione, in assenza di una esplicita definizione contenuta nella normativa fiscale, va fatta su cosa si intenda per zona disagiata e per comune montano. Per le zone disagiate, la valutazione del disagio è effettuata sulla base di criteri oggettivi riferibili al Comune di residenza e non rispetto al Comune in cui è sita la sede universitaria. Per i Comuni montani occorre fare riferimento all’elenco allegato alla Circolare n. 9 del 14 giugno 1993 che individua i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina.

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